Parrocchia Gran Madre di Dio – Pellegrinaggio Giovani 2022
La Basilica di Aquileia
Il sito UNESCO “Area archeologica di Aquileia e Basilica Patriarcale” conserva i resti di una delle più grandi e ricche città dell’impero romano, la maggior parte dei quali rimane ancora da scavare al di sotto dei campi agricoli e del nucleo urbano di più recente impianto: si tratta quindi della più grande riserva archeologica del suo genere, anche in relazione al ruolo chiave che la città e la sua Basilica hanno rivestito nel processo di evangelizzazione di parte dell’Europa centrale. Aquileia, infatti, è principalmente nota come città romana della tarda età repubblicana e imperiale, la cui fondazione risale al 181 a.C., ma occorre ricordare che, già prima della fine dell’Impero Romano d’Occidente, assunse un ruolo di assoluto rilievo come sede episcopale: la vitalità della Chiesa aquileiese contribuì in modo sostanziale alla diffusione del cristianesimo, ponendosi nel corso della storia come punto di incontro tra l’area balcanica, l’Europa centro-orientale e l’area mediterranea.
Il complesso della Basilica Patriarcale di Aquileia è la dimostrazione del ruolo decisivo nella diffusione del Cristianesimo nell’Europa nel primo Medioevo.
La [[basilica]] patriarcale romano-gotica insiste sopra una parte del c.d. complesso teodoriano eretto in seguito alla liberalizzazione dei culti sancita nel 313 dall’[[Editto di Milano]] di Costantino, che permise la formazione di una forte comunità giudaico-cristiana. All’interno dell’edificio, caratterizzato da una pianta tripartita, è conservato uno dei più estesi pavimenti a mosaico dell’Europa. Collegato con la basilica è il [[battistero]] ottagonale detto “cromaziano” (inizio del V secolo d.C.) posto in asse con essa e caratterizzato al centro da una vasca esagonale in uso fino al Medioevo. Da qui partì l’evangelizzazione dell’Istria e dei Balcani, dell’Ungheria e dei territori che arrivano fino al Danubio facendo di Aquileia una delle maggiori sedi vescovili della cristianità.
Un po’ di storia…
Nel 313 d.C. l’imperatore Costantino concesse la libertà ai Cristiani e definì la gerarchia ecclesiastica con un [[metropolita]] a capo delle province e di vescovi nelle città. Aquileia divenne città metropolitana con il ruolo di difesa militare e di guida spirituale del Cristianesimo. [[Sede titolare di Aquileia|La Chiesa di Aquileia]] acquistò un ruolo sempre più importante, tanto che dalla fine del III° secolo la città divenne uno dei centri più attivi del mondo cattolico, in particolare quando si trattò di imporre le decisioni del [[Concilio di Nicea I|concilio di Nicea]] tenutosi nel 325 d.C. a proposito dell’eresia di [[Ario]], che sosteneva che Cristo non fosse della stessa sostanza del Padre. Per contrastare l’[[arianesimo]] venne convocato il [[concilio di Aquileia (381)]] al quale partecipò anche sant’[[Ambrogio]], vescovo di Milano.
Aquileia divenne la seconda Chiesa d’Italia, per importanza, dopo quella di Roma, sotto la guida di celebri vescovi come [[San Valeriano di Aquileia|Valeriano]], Cromazio e Crisogono, che fondarono una scuola teologica frequentata da vari esponenti della cultura dell’epoca, tra i quali [[San Girolamo]], l’autore della traduzione in latino della Bibbia, la cosiddetta “[[Vulgata]]“.
Sotto Teodosio I° il cattolicesimo diventò la religione di stato ed alla sua morte (396 dC) l’impero viene diviso in due, con Ravenna capitale dell’Occidente e Costantinopoli quella dell’Oriente. La Chiesa occidentale assunse oltre al ruolo di guida spirituale anche quella temporale in contrasto alla invasione dei barbari.
Nel V sec Aquileia resistette alle ripetute incursioni dei Visigoti di Alarico (401 e 408 d.C.) ma non degli Unni di Attila che riuscirono a penetrare nella città il 18 maggio del 452, devastandola, massacrando e schiavizzando gran parte della popolazione. Molti abitanti fuggirono nel porto di Grado, che crebbe di popolazione ed acquisì nel tempo un ruolo politico e religioso di primo piano.
Nel 554 l’imperatore bizantino Giustiniano I, deciso a riconciliare le Chiese d’Oriente e d’Occidente sulla base dei principi cristiani approvati al [[Concilio di Calcedonia (451)]], condannò come eretici i teologi che rifiutavano i “tre capitoli” inerenti alla natura sia umana che divina di Gesù. Molti vescovi dell’Italia settentrionale, tra i quali i vescovi metropolitani di Milano e di Aquileia aderirono allo scisma tricapitolino in quanto ritenevano che non venisse contrastata adeguatamente l’ingerenza del potere dell’imperatore nelle questioni dottrinarie. Lo scisma dei Tre Capitoli fu definitivamente ricomposto nel 699 con il ritorno di Aquileia nell’ortodossia cattolica, mentre la Chiesa di Milano era già da tempo ritornata in comunione con Roma.
Nel 568 i Longobardi irruppero nell’Italia settentrionale e il territorio fu inglobato da re Alboino nel Ducato del Friuli con capitale Cividale (l’antica Forum Iulii). Sotto la pressione dell’invasione, il vescovo Paolino I chiese la protezione di Bisanzio e trasferì la sede e le reliquie a Grado, dove fu proclamato arcivescovo del Patriarcato di Aquileia.
Nel 607 si ebbe la prima separazione tra Aquileia e Grado con lo sdoppiamento del vescovado; lo scismatico Giovanni I° venne eletto vescovo di Aquileia, soggetta ai Longobardi, che riconobbero i patriarchi come principi sovrani estendendo la loro giurisdizione sulla contea del Friuli (Patria del Friuli).
A seguito della scissione del patriarcato di Grado da quello di Aquileia venne costituito il “Capitolato” di Aquileia”; nel 628 il patriarca Fortunato I trasferì la sede aquileiese nel castello di Cormòns sotto la protezione dei Longobardi portando con sé i tesori sacri. Aquileia perse importanza a favore di Cividale, mentre Grado, devastata nel 663 da Lupo, duca del Friuli, diventò sempre più dipendente da Venezia. Nel 737 il patriarca Calisto ritenne opportuna trasferirsi a Cividale in una sede più sicura, appoggiato da re Liutprando contro il duca Pemmone che nominò il figlio Ratchis come nuovo duca del Friuli.
Nel 731 venne stabilita la separazione canonica tra il patriarcato di Aquileia (con suffraganee le diocesi del Friuli e dell’entroterra fino a Como) e il patriarcato di Grado (con suffraganee le diocesi del Ducato di Venezia), in seguito divenuto patriarcato di Venezia (nel 1105 de facto con il trasferimento della sede patriarcale e nel 1451 de jure con l’istituzione del nuovo titolo). Sul finire dell’VIII secolo resse il patriarcato san Paolino II († 802), teologo, liturgista e grande uomo di cultura.
Con la costituzione del Sacro Romano Impero e per porre dei limiti all’influenza delle potenti famiglie nobiliari, Carlo Magno concesse la avvocazia dei principi-vescovi con il rango di principe imperiale. Il feudatario-avvocato era formalmente soggetto all’autorità ecclesiastica, ma in realtà questo strumento fu usato da parte dei feudatari per ridurre, e talvolta annullare, il potere dei principi ecclesiastici.
Patriarcato d’Aquileia (811)
Nell’ 811, la provincia ecclesiastica fu ampliata fino al fiume Danubio, nel Canton Ticino e nell’Istria. Il vescovo di Aquileia, il cui titolo nel VI secolo si era mutato in quello più prestigioso di patriarca, esercitava la propria giurisdizione ecclesiastica su di un vastissimo territorio, che si estendeva dal Friuli a gran parte dell’attuale Slovenia, all’interno dell’Istria e ad un tratto non insignificante della Carinzia.
Marchesato di Verona
Con il disfacimento del regno carolingio, nel 952 venne istituita la Marca di Verona e di Aquileia, sottoposta inizialmente al Ducato di Carinzia, e poi inquadrata nel nuovo Ducato di Baviera.
Il patriarca Poppone (1019-1042), familiare e ministro dell’imperatore Corrado II, consacrata il 13 luglio 1031 la nuova cattedrale e cinta di nuove mura Aquileia, si prodigò per liberarsi dal controllo del Ducato di Carinzia e si scontrò con i Veneziani a Grado, dove fu costretto, prima dalle armi della Repubblica di Venezia e poi da un sinodo papale, a rinunciare alla conquista di Grado.
Sigeardo
Nell’aprile del 1077 il patriarca Sigeardo di Beilstein fu ricompensato dall’imperatore Enrico IV per l’appoggio ricevuto (dopo la umiliazione di Canossa davanti al papa Gregorio VII) nel rientro in Germania per sedare una rivolta di nobili tedeschi. Venne concesso al Patriarcato di Aquileia il ducato del Friuli e i margraviati dell’Istria e della Carniola e Sigeardo ottenne l’investitura feudale di Duca del Friuli, Marchese d’Istria e il titolo di Principe, costituendo quindi il Principato ecclesiastico di Aquileia, feudo diretto del Sacro Romano Impero, che veniva ad e stendersi tra i fiumi Isonzo e Timavo da una parte, dalle Prealpi e dal fiume Livenza fino al mare Adriatico dall’altra.
Il Patriarca di Aquileia acquisì il potere di battere moneta propria e di avere le proprie leggi ed un proprio parlamento – il “Parlamento della Patria del Friuli” Gorizia non veniva a far parte del Patriarcato di Aquileia in quanto terra “vassallaggio” dell’impero. La donazione di Enrico IV sanciva l’inizio dell’esercizio del potere temporale dei patriarchi. In virtù di questo atto il patriarcato divenne un tassello di un vasto disegno imperiale volto a rafforzare con l’attribuzione di contee e marche la fedeltà dei maggiori feudatari alla corona.
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